IspirazionePerché il P2P ha portato allo streaming

Perché il P2P ha portato allo streaming

E’ freschissima la notizia dell’entrata nel mercato dell’intrattenimento di un nuovo colosso pronto a giocarsela con Netflix e Disney+.

WarnerBrosDiscovery è il risultato di un’operazione da quasi 40 miliardi di dollari conclusa da Discovery per l’acquisizione di WarnerMedia.

Le piattaforme di streaming sono di fatto il nuovo standard per l’Home Entertainment.
Ma chi si ricorda di quando film, serie tv o addirittura mp3 erano scaricabili (non necessariamente in modo legale) solo tramite appositi client?

1998: In una chat di internet, un utente sotto il nickname di “napster” racconta la sua idea di un software per condividere musica digitale contenuta negli hard disk. Il tutto su base volontaria come una vera e propria sharing economy. L’idea piace ad un aspirante imprenditore di 18 anni, un nerd di nome Sean Parker.

Parker e “Napster” (Shawn Fanning, 17 anni) decidono di incontrarsi e studiare a fondo l’idea. Poco dopo Fanning inizia a programmare giorno e notte su un computer preso in prestito da suo zio. Il software viene completato dopo pochi mesi.

Napster consente di cercare tutte le canzoni che si desiderano: è sufficiente che siano presenti su uno dei computer che utilizzano la rete peer to peer (p2p) per poterle scaricare gratis e metterle a propria volta in condivisione con tutti gli altri strumenti.

L’industria musicale non la prende bene: la Record Industry Association of America (Riaa) afferma che tutte le sue canzoni sono presenti su Napster. I tribunali deliberano che Napster viola le norme del Digital Millenium Copyright Act e fanno partire l’ultimatum: rimuovere tutti i contenuti protetti da copyright o chiudere.

I due fondatori non sono in grado di soddisfare le richieste e a soli due anni dalla nascita, Napster è costretta a chiudere. Ma poco importa: nel mondo di internet nascono una miriade di cloni: Gnutella, Emule, DC++, Audio Galaxy, Limewire che renderanno alla portata di tutti il download pirata usando lo stesso concetto del peer-to.-peer sfruttato da Napster.

La lotta alla pirateria negli anni non porta a risultati concreti. Ma nel 2010 qualcosa cambia: in Svezia ad esempio il numero di persone che scarica file illegali crolla del 25% invece in Norvegia il calo è addirittura dell’80%. Lo stesso andamento si osserva più o meno in tante altre nazioni.

Che cos’è successo? L’avvento di Netflix e Spotify, come servizi di streaming on demand, riesce finalmente a rallentare la diffusione del file sharing illegale.

 

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